martin sec

Ho un brutto carattere. Sono nervosa, insofferente, periodicamente asociale, discontinua e con la predisposizione ad annoiarmi facilmente, inoltre ho la pessima abitudine di chiedere la frutta al ristorante. Ora, io mi domando e chiedo: pecchè al ristorante la frutta “salta”? Pecchè quando chiedi della frutta di stagione il garçon prima ti osserva con sguardo stolido e poi – dopo aver farfugliato qualcosa con il maître di sala – ti porta una mela e una banana anche se è maggio? Ma siete imbesuiti? Che è sta roba: la versione fruttereccia della luisona?

 

Ultimamente qualche ristorante si è evoluto in tal senso. Sono ancora pochi dal mio punto di vista, anche perchè gli evoluti appartengono alla fascia della ristorazione medio alta. Sono andata Al Cassinino e mi hanno presentato un bel caco al Rum, sono andata Al Porto e la vera sorpresa non è stata l’eterea frittura di pesce (o meglio, non solo) ma cestini monoporzione di duroni di Vignola freschi e sodi, fragoline di bosco con zucchero e limone e pesche al vino (tutta roba di stagione, s’intende). Ma ci vuole tanto?

 

Tra l’altro l’insano gusto alla banana acerba e alla stark dür, légnos e senz’sapòr è tipico della stamberga senza storia, della pizzeria priva di arte e parte che, come logica conseguenza – e senza nessuna volontà di compensazione poichè inconsapevoli di tale miseria – ti presentano il semifreddo al torroncino da tagliare col flessibile o la cupolina di simil-polistirolo alla panna e meringa col cuoricino al caffè. Ma sforzati, su, dai…la crostata della nonna va senz’altro meglio. Che tristezza!

 

Ah, stesso discorso andrebbe fatto per i contorni: ma l’insalata mista che gira in tutta Italia sempre uguale, chi la produce, Cremonini per Chef Express?

 

Insomma, quello che io vorrei far passare è che in Italia le persone non vanno sempre da Oldani, la stessa gente, inoltre, è abituata a mangiare frutta a fine pasto e  spesso, dopo una cena che  lascia un pò appesantiti, vorrebbe un leggiadro epilogo, e non una mappazza pesante e appiccicosa che gli si piazza sul piloro. Questo discorso poi, non vale solo per il ristorante, ma anche per le dimore di privati cittadini che, in vena di exploit gastronomici, dopo il tortello cremasco e il maialino in pochetta ti offrono la bomba al cioccolato.

 

Quindi Amico, la prossima volta che vengo a mangiare da Te, una mela cotta o due castagne con un buon rosso son più che sufficienti. O, se posso, faccio io:  invece che la Sacher di Marchesi, porto le pere cotte nella schiscetta.

RICETTA

Ingredienti

  • Pere Martin Sec, 4
  • Vino rosso corposo, es. Barbaresco, Nebbiolo (ma potete usare anche un rosso “fruttato” sempre corposo tipo Bonarda o Gutturnio), ½ litro c.a
  • Zucchero, 100 gr
  • Spezie: Chiodi di garofano, cannella

Pelate le pere attentamente lasciando il picciolo. Tagliatele un poco anche alla base in modo da livellarle, solo così rimarranno in piedi nella pentola.

>Nota! Un lettore mi ha fatto giustamente notare che le pere non andrebbero pelate. E’ vero! Anche io a casa di mia mamma le ho sempre mangiate così, diciamo che la proposta “pelata” è una rivisitazione in chiave moderna della martin sec. Vedete voi come regolarvi anche se anche io la preferisco non sbucciata.

Per la cottura scegliete un tegame con bordi sufficientemente alti. Accomodateci le pere, copritele con circa mezzo litro di vino, aggiungete lo zucchero e le spezie. Fate cuocere, con il coperchio, a fuoco moderato finchè le pere non non si saranno ammorbidite (non devono disfarsi!). Per verificare la cottura “pungetele” con uno stecchino. Quando cotte, estraetele dal vino e se questo non si fosse ancora ben rappreso, alzate la fiamma fino ad ottenere uno sciroppino denso che andrete a versare sulle pere al momento di presentarle in tavola. Le pere dovrebbero essere mangiate tiepide, aspettate dunque a servirle perchè appena estratte dal tegame sono bollenti. Caldamente consigliato è l’accostamento con la panna montata quasi per nulla zuccherata.