amaretti morbidi

Immagino che tutto il mondo conosca gli amaretti morbidi, quelli con piccole crepe fuori ma morbidi dentro e profumati di mandorle ed armelline. Ecco, qualcuno mi deve aver detto che sono facili da farsi. Devo aver rimosso quel qualcuno per evitare di strozzarlo.
Del resto mi sono fissata su questa ricetta, io sono così vintage e demodè che preferisco gli amaretti di Mombaruzzo ai macaron (ma a quanto pare non sono la sola che non impazzisce per i dolcetti parigini…). Tuttavia, la prima volta che ho tentato di produrre gli amaretti simil-Sassello,  sono usciti dal forno i “sasselli” di amaretto, non commestibili ma utilizzabili come palline da golf. Ho provato a farli non so quante volte, ma mai niente di accettabile.
Poi ho pensato di avere delle pretese eccessive, dato che ho la cattiva abitudine di pretendere che biscottini famosi come questi, mi vengano – al primo colpo e nel forno di casa – identici a quelli che ho assaggiato nella migliore pasticceria di Asti.

Un pò di cronistoria sulla mia difficile impresa. Come tutte le ricette apparentemente semplici nascondono sempre parecchie insidie, tanto più se la ricetta che ho davanti risale al 1854. Pochi ingredienti e poche indicazioni.
Insomma, facendomi un giro per la rete le versioni sono tante. E inizia la cernita: questa no perchè ha troppi ingredienti, questa no perché la foto non mi piace (non la foto in sé, ma il risultato visivo della ricetta, ovviamente), questa no perché ha troppi albumi…
Poi ne trovo una su Gennarino che mi sconfinfera. Dice cose interessanti circa la macinatura delle mandorle.
Giro ancora per il web e finalmente una biblio “in zona amaretto” mette on line delle ricette storiche che trova nei libri della sua “riserva aurea”. Wow!

 

Allora, la ricetta è di Giovanni Vialardi datata 1854 ed è la preparazione originale di Mombaruzzo. Ma quando ho letto la lista degli ingredienti e le indicazioni circa l’esecuzione mi sono cadute le braccia.
Si perchè io son del parere che meno roba c’è più difficile è: in questo caso la riuscita della ricetta non sta negli ingredienti, ma nell’ingrediente magico che sono le tue mani, il tuo occhio e la tua esperienza. La ricetta che vi propongo trae spunto da quella, con lievi correzioni.

 

amaretti morbidi

 

RICETTA

 

Ingredienti

 

  • Mandorle, 200 gr
  •  Mandorle amare 200 gr (o essenza di mandorle amare 1/2 flaconcino; se usate l’essenza dimezzate, ovviamente, la quantità di zucchero)
  • Albumi 2
  •  Zucchero a velo, 900 gr
  • Carbonato d’ammonio, un’ombra

 

 

Pestate con il mortaio di marmo le mandorle fino a ridurle ad una farina procedendo così: pestate una manciata di mandorle per volta e poi passatele in un setaccio a trama larga (tutto quello che non scende va ripestato).
La ricetta dice di inumidire le mandorle nel mortaio con un pò di albume, ma io ho evitatato perchè tendono ad attaccarsi e inoltre non si può più procedere alla setacciatura.
Un metodo indubbiamente più veloce è il mixer. Per queste cose io lo evito come la peste, surriscalda subito la mandorla cambiandone il sapore e contribuendo a far cavare il suo olio, sicchè tutto acquisisce uno strano sentore oleoso.
Se proprio dovete usare il mixer usatelo in modalità “alternata” (vale anche per il pesto). Quindi: botta di mixer  – stop – botta di mixer – stop… etc..in questo modo non lasciate il tempo alla mandorla di surriscaldarsi. Pare che invece la grattugia elettrica (il Gratì, per intenderci) sia eccellente per questa operazione.

 

In compenso con il mortaio per 200 gr di mandorle ci ho messo 1 ora 🙁

 

Fatto questo, unite alla farina di mandorle il carbonato d’ammonio (la puntina di un cucchiaio, non eccedete se non volete che i vostri amaretti si svuotino) e l’essenza di armelline. Per far penetrare bene l’aroma di armelline nella farina di mandorle dovete “sgranare” la farina di mandorle come fosse un cus-cus.
Unite gran parte dello zucchero a velo alle mandorle e mettetene qualche cucchiaio negli albumi ben sbattuti (dovete ottenere una schiuma bianca, ma non dovranno montarsi).

 

Consiglio!A me il quantitativo di armelline è sembrato eccessivo, tanto più che in una certa percentuale sono anche tossiche. Inoltre, non sono riuscita nemmeno a trovarle.
Le ho sostituite con l’essenza di mandorle amare della Vahinè, usandone mezzo flacone circa e unendo il liquido alle mandorle già tritate. 


 

A questo punto amalgamate bene l’impasto in modo che rimanga sodo e di una consistenza abbastanza dura, più simile alla pasta di mandorle che alla pasta frolla.
Se l’impasto dovesse risultare troppo molle, gli amaretti tenderanno ad appiattirsi durante la cottura, oltre a non realizzare quelle caratteristiche crepe che emergono in forza della tensione che l’impasto, gonfiandosi, esercita sulla zona superficiale più dura. Proprio per questo motivo è prassi lasciare gli amaretti, ancora crudi, per qualche ora all’aperto. In questa maniera la loro superficie si seccherà, facilitando le crepe.

 

Quindi fate delle palline grandi come quelle da ping-pong e disponetele, a debita distanza, sulla teglia coperta di carta forno.
Lasciate – come accennato – gli amaretti crudi all’aperto per almeno 4/6 ore, spolverate con zucchero semolato e poi infornate.
La cottura deve avvenire per i primi 10 minuti a 150°, poi il forno va abbassato a temperatura molto moderata (120°) per quasi un’ora; in caso contrario i dolcetti teneranno a biscottare e a indurirsi in fretta. Ho sentito di temperature impossibili, tipo 180°  per 30″. A me la cosa appare molto strana visto i risultati ottenuti a tali temperature.

Conservate i biscotti ancora caldi in una scatola a chiusura ermetica. Con i giorni gli amaretti tenderanno ad ammorbidirsi uterioremente. Conviene sicuramente aspettare per assaggiarli al meglio.

 

Queste indicazioni sono il risultato di ripetuti tentativi. Devo però dire che, ora, sono quasi perfetti!

VINO CONSIGLIATO a cura di GIORDANA TALAMONA

Piemonte Moscato Passito Doc

Un ringraziamento speciale va a quelleragazze(cookine) i cui preziosi consigli hanno reso possibile questa ricetta