cassoeula

Da piccola, quando i miei amici uscivano a mangiare con i genitori andavano in pizzeria, poi dai primi anni Ottanta i più fortunati andavano da Burgy (poi divenuto MCD).

 

Io invece andavo dalla Tullia una trattoria alla buona e davvero scalcagnata, vicino a casa.
Qui si mangiava – a detta dei miei – una cassoeula eccezionale (oltre a nervetti, cipolline all’agro, salamini con cetrioli bianchi sottaceto, ossibuchi, minestrone alla milanese con croste di grana e risotto in cagnoni). In più era anche abbastanza economica.

 

Dopo un’improba scampagnata nelle nebbie padane, questa signora assai risoluta ti accoglieva nel locale in modo asciutto e se tu provavi a chiederle: “Signora, cosa c’è stasera per cena?” lei, senza levare lo sguardo da altro, ti rispondeva: “Chel che vöri mì”.
Percepiva l’avanzino come un affronto personale, ogni tanto passava in ricognizione verso i tavoli e controllava il tuo piatto poi, se traccia di cibo trovava, brandendo il mestolo diceva: “Se non finisci i piselli, tu, da qui, non ti alzi”.
Con la stessa grazia se ne andava per tornare poco dopo a verificare.
Visto, che te se minga morta!”.
Ah si, perchè la Tullia l’è ‘na milanesòna e parla in dialetto.

 

Insomma i miei lo trovavano un buon posto in cui mangiare i piatti tradizionali della cucina milanese e lombarda e in più lo ritenevano anche educativo per noi bambini.

 

La Tullia comunque era (ed è) così: spiccia e con un certo temperamento. Prendere o lasciare.
Durante gli ordinativi ti devi dare una mossa se no si spazientisce, la parola non-mi-piace per lei non ha nessun significato, quando hai finito è il caso di sloggiare, non ti ronza intorno come una mosca continuando a chiederti se desideri altro, te lo dice chiaro e tondo e se un piatto non si può fare non glielo chiedere due volte, per lei puoi anche tornartene a casa tua.

 

Tant’è che una volta chiedemmo la cassoeuola, era fine ottobre e il periodo sembrava giusto.
No, ghé minga i vèrs gelaà…”

 

E io questa ancora non la sapevo.La signora Tullia ha un orto, da quest’orto attinge gli ortaggi per i piatti che cucina. E se le verze non sono gelate (brinate) la cassoeuola non si fa.

 

Da allora quando devo preparare la cassoeuolametto la verza fuori e aspetto che le foglie si vetrifichino (no, non è vero ma è la storia che propino agli ospiti).

 

Intanto vi dò la ricetta e se siete in zona consiglio una ricognizione da Tullia.
I miei ricordi risalgono agli anni di piombo. Forse, nel frattempo, qualcosa è cambiato.

 

RICETTA

 

Premessa

 

Secondo Marco Guarnaschelli Gotti* “…come tutti i piatti tradizionali anche questo è oggetto di controversie appassionate e vertono su questi punti:  se la cassoeula vada consumata il giorno stesso in cui è stata preparata o il giorno dopo; se le verze debbano essere completamente disfatte o ancora “riconoscibili”; se è corretta l’aggiunta di un pò di concentrato di pomodoro; se gli insaccati devono comprendere la luganiga.” Lui risponde così: ” Va consumata il giorno dopo, riscadata; le verze devono essere riconoscibili, il disfacimento totale riguarda le verze “gelate” che una volta per economia si usava consumare lo stesso ma che si disfacevano subito con il calore; la luganega si perchè appartenete alla nostra tradizione e anche il pomodoro che è ospite abituale”.

 

Vi riporto la ricetta di una cassoeuola come descritta nel suo libro “La cucina milanese” che, secondo lui, è la più buona che abbia mai mangiato.

 

Anch’io l’ho fatta così:

 

Ingredientiper sei persone:

 

  • Codini, 2
  • Orecchie, 2
  • Piedino, 1
  • Cotenne, 6
  • Costine (puntine), 8
  • “Salamitt de verz” (i salamini accoppiati con la strozzatura), 6
  • Luganiga monzese, 30 cm
  • Verza, quanto lo è il peso di tutta la carne
  • Cipolle, 2
  • Carote, 2
  • Sedano, 2 gambi
  • Burro 60 gr
  • Vino bianco, 1 bicchiere
  • Pomodori, 2 pelati
  • Sale, pepe

 

In pentole separate cuocere in acqua bollente salata il piedino, orecchie, codini e cotenne, rispettivamente per 15, 12, 10 minuti gli ultimi due e i salamitt per 8 minuti. Buttare l’acqua. In tegami separati mettere a cuocere i salami, luganiga e costine per far buttare un pò del grasso. I salumi devono essere bucherellati con uno stizzicadenti. La separazione delle varie carni non è una fisima ma è l’unico modo per evitare che i sapori si accavallino.

 

Sfogliare le verze, tagliarle grossolanamente e sbollentarle in acqua salata per 3 minuti. Tenete quest’acqua di cottura. In una casseruola molto grande far palpare in 60 gr di burro le due cipolle grandi tritate, unirvi dopo 10 minuti  le carote affettate sottili e i gambi di sedano tritati e due pomodori da salsa tritati (anche 2 pelati). Fate appassire le verdure poi unite codini, cotenne orecchie e piedino. Mescolare e poi versare un bicchiere di vino bianco. Fare sfumare a metà poi aggiungere le costine. Fate cuocere per mezz’ora e poi unire i salamitt, la luganega e le verze e far cuocere finchè queste non siano tenerissime (ma non sfatte). Se la cassoeula si asciuga troppo aggiungete un pò di acqua di cottura delle verze. Ci vorrà circa 30 minuti. Cuocete coperto, il fuoco deve essere basso.

 

Alla fine la carne dovrà staccarsi dalle ossa, le verze dovranno essere tenerissime e il sugo presente ma colloso.Da mangiare il giorno dopo con polenta.

VINO CONSIGLIATO a cura di GIORDANA TALAMONA

Un abbinamento insolito ma che vi stupirà. Vista la grassezza del piatto,
consiglio di berci uno Champagne. L’ispirazione nasce da una cena proposta al
ristorante Capovolto di Misinto, da un amico sommelier.

 

* Marco Guarnaschelli Gotti, La cucina milanese, Franco Muzzio editore, 1991

La Signora Tullia, per le ordinazioni non usava il taccuino cartaceo ma una lavagnetta con i gessetti…mai vista una cosa del genere!