Riesumate e in gran spolvero, tante antiche ricette ritornato sul desco, con il plauso degli storici e dei fans dei giacimenti gastronomici.
Sono buone, tipiche e in alcuni casi pure griffate.
Oggi ho fatto una torta rinascimentale, la cui ricetta era affissa sulla vetrina di un bar di Vigevano che titolava: Dolceriso di Lodovico il Moro.

 

Di cosa si tratta? E’ un’antica preparazione – sfornata per la prima volta nel 1491, nelle cucine del Castello Sforzesco di Vigevano – simile a un budino di riso, ri-cotto in un disco di pasta frolla e arricchito con canditi, pinoli, mandorle e acqua di rose.
E dato che le acque aromatiche per uso alimentare mi attirano tanto quanto le spezie, ho fotografato la ricetta e l’ho messa in pratica.

 

Anche la storia della sua nascita è gustosa. La cosa è pressappoco andata così.

 

A fine Quattrocento Lodovico il Moro era il Duca di Milano, oltre che un Berlusconi ante-litteram. Ambizioso oltre misura, e con un discreto pelo sullo stomaco, aveva intrapreso la scalata sociale con metodi molto poco ortodossi.
A Milano aveva creato una corte splendente e per dar ancor più lustro alla città – e alla sua persona – aveva comprato il titolo nobiliare, avviato grandiose opere pubbliche e private, sostenuto artisti e scienziati, organizzato feste danzanti e – forte del suo potere – si era portato a letto le più belle donne dell’epoca (tra cui la nota Cecilia Gallerani).

 

Ma il Dolceriso lo si deve alla moglie del Moro, la colta e giovanissima Beatrice d’Este. Non riuscendo a star dietro al vulcanico consorte, alla poverina non restava che dedicarsi ai doveri del focolare. Uno dei suoi passatempi preferiti era elaborare raffinate pietanze per il suo signore e la caterva di invitati che si ritrovava tra i piedi quasi ogni sera. La duchessa e l’illustre marito passavano infatti“…tutto il die et persino a mezza nocte passata in zoghi e feste”. (ndr: che palle!)
Ricevimenti che probabilmente la portarono allo sfinimento visto che morì, di parto, subito dopo aver partecipato a una delle tante inaugurazioni cittadine che molto piacevano al marito. Tuttavia, considerata l’indole fedifraga del Moro, l’utilizzo dell’acqua di rose nella torta non deve essere stata del tutto casuale. Pare, infatti, che l’acqua di rose abbia speciali poteri: guarisce ferite inferte da tradimenti ripetuti, induce l’amato a riprendere la via di casa (la nostra, ovviamente), rende romantici e diffonde concordia, armonia e pazienza nella coppia.

 

Insomma, l’ultima spiaggia, per Beatrice, era un filtro d’amore.

 

Questa è la ricetta. Devo premettere che l’ho dovuta dedurre poichè in giro si trovano liste di ingredienti ma non le dosi.

 

Inoltre la scelta del riso (da parte di una risofila) è stata molto lunga e  ponderata. L’opzione è caduta sul sant’Andrea per diversi motivi tra cui il chicco abbastanza grosso e la consistenza cremosa di questa qualità.

 

 

RICETTA

 

Ingredienti

 

Pasta frolla

 

 

    • Farina 400 gr.

 

 

 

    • Burro 200 gr.

 

 

 

    • Zucchero 180 gr.

 

 

 

    • Tuorli 2

 

 

 

    • Vaniglia

 

 

Ripieno

 

    • Riso S. Andrea 250 gr.

 

 

 

    • Latte 1 litro

 

 

 

    • Burro 50 gr.

 

 

 

    • Vaniglia mezza bacca

 

 

 

    • Cannella

 

 

 

    • Buccia di limone

 

 

 

    • Pinoli 40 gr.

 

 

 

    • Farina di mandorle  100 gr.

 

 

 

    • Arancia candita 5 falde

 

 

 

    • Tuorlo 1

 

 

 

    • Zucchero 150 gr.

 

 

 

    • Sale

 

 

 

    • Acqua di rose o olio essenziale di rosa per uso alimentare 2/3 gocce

 

 

Portare ad ebollizione il latte con i semi della bacca di vaniglia e la scorza di mezzo limone.
Versate il riso e cuocetelo per 30 minuti aggiungendo, a metà cottura, zucchero, un briciolo di sale, il burro e un cucchiaino raso di cannella.

 

Intanto fate la pasta frolla montando lo zucchero, le uova, il burro morbido e il pizzico di sale e unendo tutto alla farina. Impastate velocemente e mettele la palla di frolla in frigo per 30 minuti.

 

Quando il riso è giunto a cottura dovrà risultare ancora al dente ma molto cremoso e abbastanza liquido, per cui non fate asciugare troppo il riso (deve essere più simile ad una minestra che a un risotto). A questo punto levate la buccia del limone e unite i pinoli, la farina di mandorle, il tuorlo, i canditi.

 

› Consiglio!La ricetta prevede il cedro ma io ho preferito fare i canditi in casa perchè quelli che si comprano normalmente sanno troppo di zucchero e poco di frutta. Non avendo il cedro fresco ho ripiegato sull’arancia. Per quanto riguarda le dosi ho usato i canditi ottenuti dalla scorza di un’arancia intera abbastanza grossa.

Infine unite al riso l’acqua di rose o l’essenza. Sulla questione del quantitativo dovrete vedere voi in base sia al gusto personale, che alla scelta tra acqua o essenza. L’acqua di rose è più blanda e quindi la dose sarà maggiore. Io ho usato l’olio essenziale e 2/3 gocce sono più che sufficienti. La rosa si deve percepire appena e deve essere in equilibrio con gli altri profumi e aromi. L’eccesso di profumo da fastidio al naso figuratevi in bocca!

 

Foderate una teglia di 24 cm  con la pasta frolla, mantenedo un bordo di circa 5 cm, e versateci il composto; chiudete la torta con un altro disco di pasta frolla e infornate a 180° per circa 50 minuti o comunque fino a quando non avrà acquisito un bel color biscotto non eccesivamente bruciato. Sfornata la torta, giratela e, se troppo chiara, infornatela ancora e fatele prendere colore anche da questo lato. Infine fate raffreddare su una gratella e cospargete con zucchero a velo e mandorle a scaglie.

 

› Utility! Un preziosismo è quello di riprodurre lo stemma araldico del Moro :). Io ho usato una mascherina, realizzata con la gentile collaborazione della mia dolce metà che ha un’avveniristica stampante “taglia&cuci”. Riprodurre il disegno dello scovino storto (guarda qui) non è stato semplicissimo, ma io vi dono la versione frontale da stampare-ingrandire-tagliare e usare sia in negativo che positivo.

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