champagne

Egly Ouriet è un grande produttore di Champagne, su questo non c’è dubbio. L’ho scoperto pochi giorni fa ad una cena con amici nel ristorante Il Chiodo di Usmate, dove Stefano Cesana patron del locale e l’amico sommelier Stefano Santoni, ci hanno abituato ormai a grandi degustazioni ragionate, alla scoperta dei grandi vini francesi. Questa volta un’eccezione: una cena senza troppe analisi e parole, un puro piacere edonistico e conviviale dove Egly Ouriet è stato protagonista indiscusso, ma discreto, accompagnando in maniera intima e personale, la serata. Così, la degustazione che vi descrivo seguirà la strada della mia personalissima analisi, supportata da quella dei miei amici e vicini di posto.

Egly Ouriet è nel cuore della Montagne de Reims, dove il Pinot Noir si esprime per potenza e spessore, al naso come in bocca. Ma Francis Egly, a capo dell’azienda, non dev’essere uomo che non ama le sperimentazioni. Nipote di vigneron, è stato il primo a tentare anni fa la vinificazione in purezza del rustico Pinot Meunier che, con lui, ha dato risultati molto interessanti.

Ma prima qualche breve premessa:

Con Egly Ouriet, siamo nei paesini di Ambonnay e Verzenay, nel distretto della Montagne de Reims, nella regione vitivinicola più settentrionale della Francia. I meno avvezzi agli Champagne sappiano che dire “Montagne de Reims” evoca agli esperti quella cantilena, simile ad uno scioglilingua, che ci si ripete poco prima dell’esame da sommelier. “Montagne de Reims, Vallée de la Marne, Cote de Sézanne, Cote des Blancs e Aube”, li ho ripetuti allo sfinimento e, come i sette nani, me ne mancava sempre uno! J A parte gli scherzi…

Nella Montagne de Reims si coltiva prevalentemente il Pinot Noir, su terreni esposti a sud con presenza di materiale gessoso, fondamentale per il drenaggio dell’acqua, il riflesso della luce durante il giorno e per il rilascio del calore durante la notte. Cote des Blancs è sinonimo di Chardonnay, anche qui con terreni gessosi, con caratteristiche simili a quelle di Reims. Nella Cote de Sézanne sono coltivati il Pinot Noir e lo Chardonny, su terreni calcarei ricoperti da argilla, marne e sabbia. Ad Aube il vitigno d’elezione è il Pinot Noir, con tendenza di terreni marnosi e gessosi. Nella Valle de la Marne, si coltiva prevalentemente il Pinot Meunier su terreni calcareo-algillosi a tendenza marnosa.

Come si sarà capito, in Champagne si coltivano essenzialmente tre vitigni: il Pinot Nero, che dà struttura e complessità, il Pinot Meunier considerato comunemente più rustico per la sua resistenza al freddo, che conferisce ai vini meno profumi ed eleganza, ma una certa mineralità, e lo Chardonnay che dà finezza, freschezza e bouquet.

I vini degustati:

– Brut Rosé Grand Cru: 60% Pinot Noir e 40& Chardonnay. Fermentazione naturale senza lieviti aggiunti, col solo utilizzo di lieviti indigeni. Primo élevage sui lieviti per circa un anno senza bruciare le tappe. Il vino è chiarificato lentamente come si faceva 50 anni fa. Messa in bottiglia senza filtraggio o collatura. Permanenza sui lieviti: 42 mesi Data di sboccatura: gennaio 2009 Grado alcolico: 12,5 %

Analisi sensoriale: colore rosè brillante, leggerissima buccia di cipolla. Al naso immediato il piccolo frutto rosso, il mirtillo in particolar modo, corredato da lievito (la sommatoria ricordava lo yogurt ai mirtilli) ed una certa tostatura. In bocca abbastanza fine e persistente. Di tutti è quello che mi ha entusiasmato meno. Abbinamento: frittura di verdure. Prezzo: circa 60 euro, non ben spese.

– Brut Tradition Grand Cru: 75% Pinot Noir e 25% Chardonnay, di cui il 50% con vini di riserva. Fermentazione naturale senza lieviti aggiunti, ma solo indigeni. Permanenza sui lieviti: 45 mesi Data sboccatura: aprile 2010 Grado alcolico: 12,5%

Analisi sensoriale: giallo paglierino intenso. La nocciola tostata che, a mio parere, nel precedente risultava troppo intensa qui si smorza enormemente, lasciando il posto ad un bouquet fruttato. Al naso esplodono finissimi gli agrumi gialli, la vaniglia ed un ricordo di ananas. Ritorni di lieviti. In bocca abbastanza persistente e fine. Abbinamento: salmone e spada marinati con pepe rosa. Prezzo: circa 70 euro circa.

V.P. – Grand Cru – Extra Brut: 60% Pinot Noir e 40% Chardonnay di cui il 50% con vini di riserva. Questa cuvée dopo 6 o 7 anni di invecchiamento in cantina, esprime tutta la sua potenza. Dosaggio praticamente inesistente. Permanenza sui lieviti: 64 mesi. Data sboccatura: novembre 2009 Grado alcolico: 12,5%

Analisi sensoriale: giallo paglierino tendente al dorato, brillante e luminoso. Al naso è complesso, con un’apertura al naso di pan brioche e fiori bianchi. In bocca l’elegante freschezza si intreccia a continui ritorni minerali. Abbinamento: risotto allo Champagne Munn Prezzo: 70 euro.

– Blanc de Noirs Grand Cru – Vielles Vignes “Les Crayères”: vigna di puro Pinot Noir piantata nel 1947 su un terreno chiamato ” les crayères”, dove la terra è di soli 30 centimetri al di sopra della craie, profonda in quel punto di decine di metri. Vinificato al 100% in fusti.Permanenza sui lieviti: 54 mesi Data di sboccatura: gennaio 2010 Grado alcolico: 12,5%

Analisi sensoriale: dorato inteso brillante. Bella spuma, appena versato incisivi aromi di humus e tartufo bianco che lasciano il posto ad un’accattivante complessità (susina, nespola, agrumi). Gusto pieno, intenso al palato, elegantissimo, con ritorni di mandorle amare e nuance minerale. Il mio preferito!!! 🙂 Abbinamento: millefoglie di triglia, parmigiano in balsa di basilico. Prezzo: 90 euro.

– Brut Grand Cru Millésime 2003: 70% Pinot Noir e 30 % Chardonnay con vigne situate unicamente sul terreno di Ambonnay. Lieviti indigeni. Si chiarifica come si faceva 50 anni fa. Messo in bottiglia senza filtraggio o collatura. Permanenza sui lieviti: 72 mesi Data sboccatura: luglio 2010 Grado alcolico: 12,%

Analisi sensoriale: dorato intenso. Profilo olfattivo complesso, crosta di pane, agrumi (mandarino) ed eleganti soffi di erbe aromatiche. Morbido in bocca, fresco con una mineralità spiccata. Abbinamento: da meritazione Prezzo: 90 euro.

N.b. nell’analisi sensoriale non ho parlato del perlage perché, per dare risalto al bouquet, non è stata utilizzata la flute che avrebbe permesso di vederne la persistenza e la finezza.