pizza come in pizzeria

Un paio di anni fa andai a Paestum, in occasione delle Strade della Mozzarella e, se qualcuno lo ricorda, scrissi un post sull’ultima giornata, che fu interamente dedicata alle pizze.

Ci fu una verticale, diremo, sulla pizza. Un certo numero di famosi pizzaioli provenienti da tutta Italia mostrarono a pochi privilegiati, noi, i loro saggi di bravura.

Le pizze, anche se abbastanza diverse tra loro, erano tutte eccelse e grazie a questa esperienza capii – ormai negli anta – che cosa significava una pizza fatta come si deve, in cui gusto, qualità e fantasia si mescolano sapientemente.

Capii di amare immensamente la pizza napoletana. La pizza napoletana ha alcune cartteristiche imprescindibili: cornicione importante, maculato e morbido, pizza sottile ma non secca, impasto alveolato, etereo e non gommoso, pomodoro di qualità e giusta sapidità (quante pizze rovinate da una salsa troppo salata o troppo sciapa) e mozzarella vera (per intenderci, non quella nella bustina di plastica o il noto tronchetto da tagliare a fette). Olio di oliva extravergine.

Se poi la pizza è stata realizzata con le giuste farine e la giusta quantità di lievito e fatta maturare a dovere, risulterà non solo buona ma anche digeribilissima. Sintomo di una pizza mal fatta è un eccessivo senso di pesantezza dopo averla mangiata, gonfiore e sete inestinguibile.

Ora, nelle lande nebbiose in cui abito io, trovare una pizza così fatta non è facilissimo. Rispetto ad alcuni anni fa, dove per mangiare una pizza buona ti dovevi comunque sciroppare 9 ore di viaggio, la situazione è nettamente migliorata. A Milano trovi, oggi, delle dignotosissime pizze napoletane. E’ certo però, che non è impresa sempre facile: attese infinite, locali stracolmi, cari e in fondo anche lontani. Amo la cucina, ma non sempre mi va di farmi 70 km per mangiare una pizza.

Poi, qualche anno fa, non lontano da casa mia, ho trovato Tonino, un signore sulla settantina che di mestiere fa il pizzaiolo e nonostante sia qui da quarant’anni, non ha ancora perso l’accento napoletano. La sua si fregia di essere una pizza napoletana doc. Molti prodotti se li fa ancora arrivare da giù.

A mangiare la pizza io vado lì perchè so che è buona e difficilmente, in un raggio di 40 km, troverei di meglio.

Questa sono io, una persona piuttosto abitudinaria e pigra. Tuttavia, ho recentemente scoperto un sito piuttosto utile che propone un servizio interessante.

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Il sito chiama Quandoo ed è attivo dal lontano 2013. In sostanza l’utilità di quello che propone sta in questo: una sera vuoi uscire ma non sai dove andare perché sei stufo dei soliti posti o/e hai voglia di qualcosa di nuovo? Quandoo ti propone un archivio con tantissimi locali della tua città, divisi per genere (pizzeria, ristorante, fusion, etnico…), anche quelli che non sospetteresti di avere dietro casa tua. Ogni locale ha una dettagliata scheda (costi indicativi, menù, opinioni vere e controllate…) e all’interno di ogni scheda c’è un form che ti permette – previa registrazione – di prenotare il locale, nell’ora, nel giorno e con il numero di coperti che desideri.

La cosa interessante da segnalare è che a ogni prenotazione accumuli un certo numero di punti per cui, raggiunta una soglia, possono essere convertiti in buoni da spendere. Insomma, io alla mia pizzeria di fiducia lo proporrò. Vado sempre lì, tanto vale accumulare punti 😉

pizza al piatto seq (1 of 1)Tornando alla pizza e alle sue innumerevoli difficoltà di realizzazione casalinga, vi volevo rendere partecipi del mio primo esperimento e del motivo che mi ha spinto a cimentarmi in questa ardua impresa.

Principalmente la ragione è questa: come accennato, la pizza, nel nord Italia, è mediamente orrenda. L’orrore raggiunge il culmine – a mio modestissimo avviso – in Lazio e Toscana. Certo, ci saranno delle eccezioni anche lì, ma sto parlando della situazione generale, quella media, ovvero quella che tutti abbiamo sperimentato e che scaturisce dall’occasione del sabato sera, dove tre coppie all’ora di cena si guardano in faccia e si dicono: “Cheffamo, ‘namo a facce nà pizza qui sotto?”.

Ecco è il “lì sotto” che mi lascia sempre un po’ perplessa, perché “lì sotto” vuol dire tante cose: la pizza al trancio, quella fatta dall’egiziano di turno, quella cotta nel forno elettrico, la pizza di Spizzico, del ristornate cinese…E’ quasi sicuro, comunque, che la pizza “lì sotto” sia difficilmente quella napoletana doc, a meno di non trovarsi a Napoli.

Ora non voglio illudervi che con le mie manine e il forno di casa (anche se con farina eccelsa e ricetta collaudata) sia riuscita a realizzare la napoletana doc, è pur vero però che ho realizzato una pizza davvero notevole, dello spessore che piace a me, ben alveolata, leggera e saporita. Insomma, un’ottima alternativa alla pizza Hawaii del cinese sotto casa ma anche della pizza pseudo-napoletana dell’autoctono lomellino. Del resto, la vedete anche voi, e, devo essere onesta, la riuscita di questa pizza al piatto mi ha inorgogliosita non poco.

Basta darsi un attimo da fare…

Ricetta

Ingredienti

  • Farina per pizza, 1 kg (io Caputo Rossa)
  • Acqua 570/600 g
  • Lievito di birra, 2 g
  • Sale, 20 g
  • Olio extravergine di oliva, 30 g

Impastate con la foglia  a velocità 1 per 2/3 minuti fino ad ottenere un impasto grezzo. Finito di impastare lasciate riposare per 20 minuti.

Rimprendente l’impasto e sempre in impastatrice, ma con il gancio, aggiungete il lievito di birra sbriciolato. Una volta che l’impasto si è ben incordato e ha sviluppato la maglia glutinica, aggiungete il sale. Infine aggiungete l’olio poco alla volta (attendente che si sia assorbita una parte per aggiungere l’altra). Finite di impastare a velocità 2. L’impasto a fine lavorazione dovrà avere una temperatura tra i 23 e 24° C.

Prelevate l’impasto e mettetelo su una spianatoia e lasciatelo riposare dai 15 ai 30 minuti, a seconda che sia estate o inverno.

Ora formate le palline della dimensione che desiderate (io 230 g per una pizza di un diametro di circa 22 cm).

Lasciate lievitare le palline su un piano infarinato per 6/ 7 ore, se a temperatura ambiente, mentre, se desiderate farle lievitare a temperatura controllata (in frigo), mettete le palline in una cassetta di plastica sufficientemente capiente, lasciate lievitare per 1 ora a temperatura ambiente e poi a 4° C per 24/48 ore. Estrarre le palline 4 ore prima dell’utilizzo e lasciarle lievitare a temperatura ambiente.

Stendere la pizza conditela con pomodoro, un filo di olio e infornare alla massima temperatura che il forno di casa consente (io 250°) per 6/8 minuti circa (il tempo è totale); in ogni caso controllate il colore della pasta, facendola girare 1 volta per garantire una colorazione uniforme da tutti i lati.

Suggerimenti e osservazioni:

– questa ricetta è stata pensata per la farina Petra 3, ma ho ottenuto ottimi risultati con la Caputo (esiste anche una Caputo blu “per pizza”che però non ho mai usato).

– questa ricetta è stata pensata per essere infornata su pietra refrattaria, tipo questa.

– la pietra refrattaria va posizionata molto vicino al grill a circa 10/14 cm da esso.

– va da sè che il forno deve essere azionato in modalità statica/grill.

– infornando, il forno deve essere a temperatura e rovente.

– con la farina in mio possesso ho notato che non è consigliabile spingere troppo la lievitazione, ritengo che la pizza sia migliore con una lievitazione a 24 h che a 48. La foto della pizza nella composizione a 4 è stata scattata con un Iphone e ha subito una lievitazione di 24 ore, come vedete il cornicione è più omogeneo e meno frastagliato. Penso che ciò sia dovuto essenzialmente al fatto che in 48h la pasta prende più aria e la superficie tende a seccare di più. E’ quindi fondamentale coprire le palline con pellicola alimentare. Inoltre, con la lievitazione a 24 h l’interno del cornicione risultava più alveolato.

– non infornate la pizza con la mozzarella già disposta, attendente oltre metà della cottura. Aprite velocemente il forno e depositate la mozzarella sulla pizza. Idem le eventuali farciture e un ultimo giro di olio.

– il pomodoro deve essere di pelati conservati nella loro acqua (quindi non in salsa), scolati bene, e passati al setaccio. Se non avete la nonna che li fa o non è stagione di pomodori, un consiglio: ce n’è di ottimi al Carrefour a marchio Terre d’Italia. Sono piuttosto cari ma se non trovate di meglio ve li consiglio per non rovinare con una pessima salsa il lavoro fatto.

– la mozzarella (di bufala o vaccina) deve essere ben scolata e leggermente strizzata per far cavare il liquido in eccesso. Tagliatela non troppo sottile, non meno di 0,5 mm di spessore.

– il disco di pasta va steso a mano e non con il mattarello avendo l’accortezza di lasciare la parte del cornicione un pò più spessa (con un po’ di esercizio si riesce a stenderla come i veri pizzaioli 🙂 con due mani …)

Ho finito. Non mi resta che dirvi buon appetito!

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