vitel tonnè

Le mie poche certezze sono state spazzate via dopo aver appreso che:

1) la paternità territoriale della ricetta di cui al titolo, non è certa

2) esistono 2 ricette note, più un’altra manciatina di idee valide; una di queste ve la presento oggi

3) il vitello tonnato tradizionale la maionese non sa nemmeno cos’è

4) potete continuare a infierire voi

Io ero rimasta al vitello tonnato quale ricetta lombarda, tuttavia sono molti coloro che ne rivendicano la cittadinanza piemontese. Se ne può parlare, evitando magari faticosi ring. E’ invece da rigettare l’equivoco, oltraggioso direi, che sia un piatto di origine francese. Così, a naso, ai cugini d’oltralpe potrebbe anche piacere l’idea, ma archiviamo subito l’insana ipotesi senza indugio.

Oggi il vitello tonnato lo si ritrova anche in ristoranti di grido, questo perchè quando ti arriva il piatto il primo istinto è quello di urlare a pieni polmoni: reinterpretazioni, alla maniera dello chef, versioni innovative, finte, a cubotti. Ehm…trovo questo sempre molto imbarazzante, non si possono toccare certi capisaldi culinari senza lasciare una certa perplessità al palato. Che almeno nell’intenzione del cuoco non venga a mancare una vena d’ironia, insomma, cambiagli il nome, dagli un gusto marinettiano che confonde e fa sorridere. Chessò un “…echi rosa di giovin vitello con sentori lontani di geometrie tonnate” potrebbe già andare.

Lo so che è più facile reinventare male che copiare bene, tra l’altro è il solo modo per non rischiare umilianti confronti. Non bisogna però dimenticare che il vitello tonnato è stato – per molti italiani degli anni Settanta  – il pranzo della domenica, il piatto del buon ricordo. Quindi, la sola sensazione che si può ritrovare davanti al  suo stravolgimento, equivale a quella di quando si torna nei luoghi della memoria, dopo che una colata di cemento ne ha cambiato i connotati: sgomento e delusione. In conclusione, ci sono anche illuminati che hanno il coraggio di proporre ottime versioni poco ortodosse, ma forse non dovrebero abusare di un nome così importante.

Ma torniamo a noi. Quando devo dissipare dubbi culinari (regionali) di un certo spessore i miei numi tutelari sono 2 o 3: “La cucina milanese” di Guarneschelli Gotti, “Il talismano della felicità” di Ada Boni e il breviario di cucina lombarda. In genere faccio una sorta di pesata generale e vedo cosa esce.

A voi il punto della situazione a cui sono arrivata con il solito metodo sistematico che ormai mi contraddistingue:)

Origine: dubbia

“A dispetto della compìta sonorità francesizzante, alla denominazione si riconosce una pretta natura dialettale lombarda. Storicamente, ad una origine tardo settecentesca del piatto, in un’area che si allarga da Parigi alla pianura Padana, corrisponde un irradiamento simultaneo nei ricettari francesi, piemontesi, lombardi, veneti, emiliani dell’inizio del XIX secolo”*1

La cosa che mi interessa far notare è che l’eco della ricetta sia arrivata fin laggiù, oltralpe. Il Gotti*2 insiste nel dire che la paternità francese (semmai qualcuno avesse avuto dubbi) è da scartare. Mai e poi mai un “veau tonnè” appare nella trattatistica classica, da Escoffier al Nouveau Larousse Gastronomique; nemmeno qualcosa di simile con altro nome. Anzi, una recente edizione del Larousse cita un “veau tonnè all’Italienne” formulato come noi lo conosciamo. Questo basta per archiviare la questione sul fronte francese.

Ma dato che spesso le battaglie interne sono anche più feroci di quelle combattute contro visi stranieri, una volta rientrati in patria vediamo che la contesa si snoda tra Lombardia e Piemonte, i quali la rivendicano con qualche ragione. Non paghi, i comaschi entrano nella diatriba per contendersi il primato con Milano. Non ho interesse nel prendere le parti dell’uno o dell’altro, non essendo in possesso di fonti documentarie attendibili. Curioso è, invece, come un ricettario regionale abbastanza dozzinale, casualmente capitato tra le mie mani, indichi due versioni del vitello tonnato: uno classico e uno alla milanese (che differisce per un nonnulla); il che però fa supporre che il secondo sia subordinato al primo.

Utensili: due su tutti, casseruola e coltello

Possiamo farli rientrare nel novero degli ingredienti? Direi di si.

1) La cottura lenta (in tutte le molteplici versioni) richiede una casseruola che diffonda bene il calore e con un fondo spesso. Soluzione: casseruola in rame stagnato.

2) La particolare struttura della carne, decisamente morbida, e la natura succulenta della salsa, richiede qualche attenzione, mano ferma e coltello affilato. Un’affettatrice in questo caso è perfetta. Ma essendo quest’ultima poco diffusa a livello casalingho, consiglio di munirsi di un coltello di qualità, insomma quelli per uso professionale. Un investimento che non tarderà a mostrare i suoi vantaggi anche in altri casi. E visto che ultimamente sono in vena di acqusiti cucinieri vi segnalo VEGA, una grossa azienda di forniture alberghiere e attrezzature per bar, che vende al dettaglio anche on line. Ho quasi sempre fatto acquisti per la cucina presso negozi di forniture alberghiere,  le quali – non si capisce perchè – distano sempre almeno 30 km da casa mia, indipendentemente dai miei numerosi cambi di casa. Questi però ti spediscono coltelli & tuttoquellochevolete a casa, velocemente (sia mai che la pietanza si guasti). Very convenient

Un suggerimento: manutenete sempre gli utensili e per i coltelli “fategli il filo” prima di usarli.

coltellerie

Versioni: fino a 5; spero di cavarmela in fretta

Essendo uno di quei pochi piatti geniali, che sfidano tempo e mode, oggi ce lo ritroviamo un pò in tutte le gastronomie. Più o meno buono. A volte trovi un taglio di carne mediocre o sbagliato, nervoso e troppo asciutto (per eccessiva cottura), con i lembi scuriti e arricciati e qualche scucchiata di salsa tonnata industriale. Le cose che rimangono sempre attraenti sono invece i capperi e le fette di limone. In questa sede non parleremo ovviamente di questo manufatto.

Ritengo quindi opportuno farvi un breve riassunto delle varie ricette rubricate, trattando sia l’aspetto “salsa tonnata” sia il metodo di cottura.

A – “Vitello uso tonno” e “vitello a tonno” (versioni antiche) – Carne arrostita in tegame o bollita, con salsa senza tonno e uova*4

Può essere realizzato con fesa o coscia, bollita o arrostita.  In tutti e e due i casi si fa un ammollo preventivo in acqua (da 30 minuti a una notte a seconda delle ricette).

Nella versione più antica – il vitello a uso tonno – si stecca la carne con filetti di acciuga e poi si arrostisce con olio, limone privato della buccia, chiodi di garofano e un pò d’acqua, nel caso la carne si asciughi troppo. Si serve freddo con olio e limone. Di tonno nemmeno l’ombra. Diversi sono gli antichi ricettari in cui, alla voce “vitel tonè”, c’è questa ricetta.

Nella successiva versione  – il vitello a tonno – si lascia marinare il vitello in vino bianco insieme a carote, sedano, cipolle e chiodi di garofano. Poi si avvolge la carne in un panno e si cuoce con gli ingredienti predetti e un pò di olio. Si accompagna con una salsa a base di olio, acciughe e limone.

B – Vitello tonnato classico (l’evoluzione) – Carne bollita, con salsa tonnata senza uova *4
Finalmente il tonno, ma senza uova. In questo caso si cuoce della fesa di vitello in acqua, carote, cipolle, sedano, limone, aceto e alloro. Si realizza una salsa tonnata con ventresca di tonno passata al setaccio, acciuga e capperi. La salsa così ottenuta si mescola con olio, aceto, limone, pepe e sale. Il vitello si serve freddo con detta salsa, capperi e fette di limone.

C – Vitello tonnato classico  – Carne arrostita in tegame a lenta cottura o bollita, con salsa tonnata a base di tuorli sodi*5

Si prende della fesa di vitello e si lega per fargli mantenere la forma desiderata. Si taglia  a pezzetti la cipolla, il sedano, la carota e si uniscono in tegame con olio, alloro, poco vino bianco, sale e pepe in grani. Si aggiunge la carne e si chiude con coperchio. Si fa cuocere a fuoco lentissimo per 1 ora 30 minuti circa, girando solo 2 volte. La carne praticamente cuoce nel poco vino e nel vapore che si formerà durante la cottura. Si riserva il fondo di cottura e si unisce a tonno, acciughe, capperi e tuorlo d’uovo sodo. Si passa in un passaverdure o si frulla, poi si aggiunge a filo un pò d’olio e del succo di limone come per una normale maionese. Questo piatto si serve a temperatura ambiente. Vantaggi: la salsa tonnata è molto saporita, il metodo di cottura conferisce alla carne morbidezza e colore impareggiabili.

D – Vitello tonnato moderno – Carne arrostita in tegame o bollito e accompagnato con salsa tonnata a base di maionese *6

La salsa a base di maionese è in voga solo dal Novecento; prima, come abbiamo visto, la salsa prevedeva il tuorlo sodo. Oggi buona parte dei ricettari moderni non riportano più le vecchie prassi e quindi questa versione è diventata la più nota e diffusa. Dignitosissima versione, a patto che la maionese sia fatta in casa. La salsa risulta più vellutata anche se leggermente meno saporita della precedente versione.

E – Vitello tonnato moderno 2 – Cottura in tegame insieme al tonno; salsa a base di tonno cotto*7

Si mette il vitello in casseruola insieme al tonno, acciughe, vino e olio. Non prevede l’aggiunta di verdure.  Si copre il tutto e si lascia cuocere. Quando la carne è cotta si raccoglie il fondo di cottura, si passa al setaccio  e si diluisce con olio e limone. La Boni consiglia di lasciare il vitello tonnato al fresco per 24 ore prima di servirlo.


Come si serve?

Noi lo consideriamo un piatto freddo, il realtà esistevano, almeno in Lombardia, due versioni, una fredda e l’altra calda.

A Ferragosto era abitudine presentarlo freddo. In questo caso la carne andava marinata, bollita e accompagnata da una salsa dagli ingredienti molto variabili (non sempre era previsto tonno e uova).

Nella preparazione calda, invece, la carne era cotta arrosto e servita con il fondo di cottura addensato e deglassato con succo di limone.

Oggi il vitello tonnato si serve freddo (ma non di frigorifero!!!) con la salsa già distribuita e con guarnizioni a base di capperi, limone o sottaceti.

Ma il nome?

Perchè “tonnato” anche quando il tonno non era ancora presente? Non si sa, ma si può credere che potesse significare “cucinato come un tonno”*8 e che per questo fosse poi venuta in mente l’idea (riconosciamolo, felice) di aggiungervi la ventresca di tonno.

Tagli

Personalmente preferisco il magatello (girello o lacerto al sud), ma va bene anche il fusello (anche se a qualcuno potrebbe dare noia la vena di connettivo al centro), fesa, noce e parti di posteriore.

vitello tonnato

Ricetta ‘c’

ingredienti

 

  • Magatello di vitello, 1 kg circa
  • Cipolla 1 media
  • Sedano, 1 gambo
  • Carota, 1
  • Ventresca di tonno o tonno sottolio di ottima qualità,  180/200 gr già sgocciolato
  • Tuorli sodi, 2 grossi
  • Acciughe dissalate, 5
  • Capperi sotto sale, un cucchiaio colmo
  • Olio di oliva extravergine gusto leggero, 50 gr + 80 gr circa per la salsa
  • Limone (succo),  1
  • Vino bianco secco a forte acidità, 100 cl (mezzo bicchiere circa)
  • Foglia di alloro
  • Chiodi di garofano, 2
  • Sale, pepe in grani

Legate con dello spago la carne in modo che mantenga la forma. Tagliate le verdure a dadini, versatele nel tegame insieme a una foglia di alloro, due chiodi di garofano, 50 gr di olio e il vino, sale e pepe in grani. Ponete ora la carne sul fondo insieme a tutto il resto e coprite ermeticamente. Fate cuocere a fuoco debole per circa 1 ora e 30 minuti in un tegame adeguato, girando solo un paio di volte e facendo ricadere in pentola la condensa che si sarà formata sul coperchio.

A fine cottura la carne dovrà essere molto tenera. Estraetela e fatela raffreddare in un piatto. Raccogliete 3/4 del fondo di cottura e passatelo in un passaverdure a trama fine. Unite il tonno, le acciughe e i capperi dissalati e frullate fino ad ottenere un composto piuttosto omogeneo. Nel caso aggiungete un filo d’olio per fluidificare l’operazione.

Aggiungete poi i tuorli d’uovo sodo schiacciati e passati al setaccio e infine unite, a filo, l’olio evo e il succo di un limone, mescolando con un cucchiaio di legno, come per una normale maionese. Fate assorbire i liquidi pian piano.

Quando la salsa è chiara e omogenea, si affetta la carne sottile e si serve su un piatto di portata ricoperta di salsa tonnata. Consumare a temperatura ambiente.

NOTE

*1, 6 e 8 –  Riva, Nistri, Paolazzi – Per un codice della cucina lombarda, Regione Lombardia, pag. 101

* 2,3,4 – Guarneschelli Gotti – La cucina milanese – F. Muzzio ed. pag. 129-132

* 7 A. Boni, Il talismano della felicità